venerdì 22 aprile 2011

Pensieri aperti e ibridi: da un discorso sugli Anarchismi, di Andrea Staid


(…)
L’anarchismo non può essere riproposto uguale in tutto il mondo, non dovrebbe essere considerato universale. È importante che l’anarchismo sia legato al contesto della sua produzione, che sappia produrre un messaggio chiaro e deciso, ma senza mai affermarlo in termini assoluti; un messaggio che si costruisca gradualmente, cambi nella pratica, nel confronto quotidiano con e tra la gente.
Non si tratta più di organizzarsi per giungere all’insurrezione generalizzata, ma si tratta di cambiare la propria vita e quella degli altri subito, qui e ora, all’interno delle pratiche di lotta che vengono sviluppate collettivamente e nel quotidiano attraverso delle azioni nuove capaci di ribaltare l’immaginario dominante. Si tratta di sviluppare delle pratiche che, mentre trasformano in maniera rivoluzionaria parti della realtà, mutano noi stessi, la nostra vita e cambiano le nostre relazioni con gli altri. Mi rendo conto che non c’è molto di nuovo in questo modo di leggere l’anarchismo ed è proprio per questo che è secondario mettere il prefisso nuovo o post, lo stesso Colin Ward, ci parla di un anarchismo creatore e costruttivo che non ci da una visione del futuro, del mondo che verrà, ma piuttosto una maniera di vivere e di organizzarsi in seno alla quotidianità presente, con l’idea di espandersi a macchia d’olio e di contaminare con i proprio valori settori sociali via via più ampi.
Essere rivoluzionario è organizzarsi per riuscire a contraddire nei fatti i valori dominanti, per creare altri modi di vita risolutamente ai margini dei modi di vita indotti dal capitalismo.

Si tratta di agire collettivamente per bloccare, oggi, il potere nelle sue molteplici manifestazioni. Se tutto questo si cristallizza, si amplifica e mette in scacco, domani, l’insieme del sistema, tanto meglio, certamente, ma sarà effetto collaterale, non il fine ricercato in prima istanza. Il fine ricercato in prima istanza risiede infatti nella proliferazione della resistenza e nella moltiplicazione di spazi sottratti al potere, nei quali sia possibile creare una realtà tendente verso l’anarchia e vivere il presente il più possibile secondo i valori anarchici (Ibanez, 2010).

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