mercoledì 20 aprile 2011

La Giustizia Popolare secondo Michel Foucault


“Il funzionamento arcaico della giustizia s’inverte: sembra che più anticamente la giustizia fosse un diritto di quelli che la subivano (diritto di chieder giustizia se sono d’accordo) ed un dovere degli arbitri (obbligo di far intervenire il loro prestigio, autorità, saggezza, potere politico-religioso): ormai diventerà un diritto (lucrativo) per il potere, un’obbligazione (costosa) per i subordinati. Si coglie qui l’intersezione con un secondo processo: il legame crescente fra la giustizia e la forza armata. Sostituire alle guerre private una giustizia obbligatoria e lucrativa, imporre una giustizia che assicura, garantisce ed aumenta in notevoli proporzioni il prelievo sul prodotto del lavoro, implica che si disponga di una forza di costrizione. Non la si può imporre se non attraverso una coercizione armata: là dove il feudatario è militarmente abbastanza forte per imporre la sua “pace” può esserci un prelievo fiscale e giudiziario.
(…)
La lotta contro l’apparato giudiziario è importante almeno quanto lo è stata questa giustizia nella separazione che la borghesia ha introdotto e mantenuto fra proletariato e plebe. Questo apparato giudiziario ha avuto effetti ideologici specifici su ciascuna delle classi dominate, e c’è particolare un’ideologia del proletariato che è stata resa permeabile ad un certo numero d’idee borghesi relative al giusto e all’ingiusto, al furto, alla proprietà, al crimine, al criminale. Il che non vuol dire peraltro che la plebe non proletarizzata sia rimasta pura e dura. Al contrario, per un secolo e mezzo, la borghesia le ha proposto queste scelte: o vai in prigione o vai nell’esercito; o vai in prigione o vai nelle colonie; o vai in prigione o entri nella polizia. Così questa plebe non proletarizzata è stata razzista quando è stata colonizzatrice, nazionalista e sciovinista quando è andata sotto le armi; è stata fascista quando è entrata nella polizia.
(…)
La contro-giustizia sarebbe poter esercitare nei confronti di qualcuno che sfugge di solito alla giustizia un atto giudiziario, cioè impadronirsi della sua persona, tradurlo dinanzi ad un tribunale, mettere un giudice che lo giudici riferendosi a certe forme di equità e lo condanni realmente ad una pena che l’altro sarebbe obbligato a scontare. Così si prenderebbe esattamente il posto della giustizia.”

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