domenica 23 ottobre 2011

QUEL CHE PENSIAMO DEL 15 OTTOBRE _ un parto collettivo da Reggio al Pollino

 SABATO 15 OTTOBRE, UN GIORNO DA RICORDARE.


Il 15 ottobre ha visto in tutto il mondo la nascita di un nuovo protagonismo sociale. Milioni di cittadini ovunque, in tutti i continenti, hanno manifestato per difendere i diritti, messi a rischio dalla crisi del sistema capitalista, fondato su finanza speculativa, competitività e produttività.
In Italia, l'altissima partecipazione, volutamente concentrata nella sola piazza romana a dimostrato la straordinaria vitalità dei movimenti e della voglia di rivalsa della società civile italiana. Centinaia di migliaia di persone erano a Roma con le loro proposte e la loro indignazione, con l’obiettivo di partecipare alla nascita di un movimento contro la crisi del sistema e chi l'ha provocata.
Il nostro Paese si trova stritolato nelle spire di una crisi che attanaglia tutti i protettorati (nazioni europee in prima linea) del moribondo gigante unipolare a stelle e strisce e il matrimonio d’interesse tra capitalismo e democrazia rappresentativa, con buona pace di Sinistra e Destra nostrane, si avvia ad un prossimo, imminente divorzio.


Mentre questa crisi totale, provocata dalla finanza internazionale - che de facto detta l’agenda politica di ciascun governo europeo- distrugge in forma criminale ciò che nell’ultimo ventennio è rimasto in piedi dello Stato sociale, la nostra classe politica non trova di meglio da fare che offrirci lo spettacolo rivoltante del litigio infinito per chi sia l’interlocutore e l’esecutore più affidabile dei diktat che, proprio dalle centrali bancarie e finanziarie europee, provengono e per giunta, con crescente arroganza.


Sarebbe a dire: affidiamoci a chi ha scientemente provocato il male per sconfiggerlo! Un paradosso nel paradosso, poiché a ben vedere l'anomalia tutta Italiana degli scontri di piazza, la rabbia sociale giustamente esplosa, ha una matrice abilmente nascosta a tutti.
La gerontocrazia, le mafie criminali e borghesi, i poteri occulti massoni e/o finanziarie, la multinazionale piuttosto che il padroncino di turno, i baronati universitari, la mortificazione del precariato a vita, tutto ciò che, in Italia ancor più che in altri paesi, tiene bloccate le incerte esistenze dell’ ultima generazione Italiana. Che poi solo giovani non sono visto che la precarietà è ormai confezionata dai 19 ai 40 anni, e s'incontra con chi è stato espulso dal processo produttivo a 50 anni, con buona pace delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e dei loro agganci politico istituzionali.

La frustrazione del NO FUTURE o viene somatizzata, e casi di suicidio ce ne sono, o viene fatta esplodere, e per fortuna è questa la risposta dei più. La giornata di sabato dimostra innanzitutto questo, rivolgendosi contro obbiettivi simbolici dell'apparato economico, istituzionale e repressivo colpevoli dei nostri problemi: precarietà, povertà diffusa nell’universo giovanile, negazione del diritto alla casa e allo studio, disoccupazione dilagante, morti sul lavoro.
Tanti ragazzi che lottavano, a modo loro, contro quello che avevano davanti, sfogando rabbia in maniera confusa ma con un messaggio chiaro e con la forza di chi davanti a sé non vede un futuro.
La gestione della manifestazione, con l'apertura ai partiti politici, come se fosse un grande trampolino politico elettorale, e la gestione della piazza, fanno sorgere il dubbio che si cercasse il pretesto per annullare, sminuire, criminalizzare ogni manifestazione di dissenso non riconvertibile in voti.
Una Piazza San Giovanni riempita dai MOVIMENTI, da quelli per l'ACQUA ai NO TAV, dai PRECARI, ai MIGRANTI, da tutto il tessuto vivo della società italiana, sarebbe stato un colpo mortale, per le moribonde rappresentanze parlamentari.


E ipocritamente quei settori, che volevano manipolare la manifestazione di sabato, oggi piangono per averla persa, quando non assumono comportamenti delatori. Inaudito!! Il popolino, cresciuto al gossip e chiacchericcio delle TV, che combatte Berlusca, ma ne è espressione speculare, nell'univoco pensiero, mette una vera e propria rabbia nell'incitare la polizia contro tutto ciò che ai sui occhi appare immorale, o magari semplicemente sconveniente; questa furia moraleggiante che s'impadronisce del popolo è, per la polizia, una garanzia ben più sicura di quella che le potrebbe essere fornita dal governo. Il primo passo è compiuto, la prima mutazione qualitativa, in direzione regressiva, può dirsi realizzata. Ad essa hanno contribuito, più o meno consapevolmente, tutti i partiti che si riconoscono, con sfumature diverse, in questo Sistema. Dalla politica di “lacrime e sangue” alla politica di “lacrimogeni e sangue”.
All’interno di questa “sindrome di Weimar” si consuma la parabola del deputato Antonio Di Pietro capace di passare – nel giro di due settimane- dal massimalismo radicale del “ci scappa il morto in piazza”, all’invocazione di una nuova legge Reale!

La polizia ha attaccato, a San Giovanni, una folla in gran parte pacifica ed inerme, scagliandogli contro, in violenti caroselli che hanno rischiato di fare una strage, idranti e blindati.
La proposta di nuove leggi speciali per contenere il dissenso, mostra quanto il Re è nudo e impotente di fronte all'esigenza concreta di cambiamenti reali.
Più gravi sono però le responsabilità di chi ha gestito le forze dell’ordine scegliendo di blindare i palazzi del potere e di attaccare indistintamente, in piazza S. Giovanni, col risultato di seminare panico e feriti tra la folla dei manifestanti presenti.

La permanente gravità della crisi e le ricette capitalistiche che continuano a imporci, sono i motivi che ci spingono a continuare la lotta per il rovesciamento del modello di sviluppo a favore di un sistema fondato sui beni comuni, la ridistribuzione reddito e il diritto al lavoro.
Sui media, stampa e TV i primi a essere colpiti, come sempre, gli anarchici, colpevoli di volere un mondo migliore basato sull'autogestione, la libertà e la solidarietà, e in concreto: agroecologia, energie rinnovabili, bioedilizia, commercio equo solidale, trasporti ecologici, rifiuto dei rifiuti (plastica e altre porcherie di sintesi)
Proprio noi che come anarchici abbiamo una sola risposta: costruire sicurezza sociale, non con i manganelli e la violenza, ma con una istruzione garantita e libera per tutti, con l’assistenza ai più deboli, con la dignità del lavoro nelle comunità, con un futuro in cui vivere senza doversi vendere come schiavi o prostitute.
E a proposito di violenza, che sembra essere l’unico argomento capace di riempire i salotti televisivi, ricordiamo tutti i morti per mano dello stato, ultimo in ordine temporale Stefano Cucchi, o il maestro elementare Francesco Mastrogiovanni, e con il pensiero a loro, ribadiamo che nessuna violenza è più grave e più dannosa della violenza che lo stato ogni giorno ci vomita addosso.
LIBERTARI/E e ANARCHICI CALABRESI

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