lunedì 31 ottobre 2011

Trash economy, in Calabria commissari da buttare_ di Tiziana Barillà

Hanno speso un miliardo di euro in 14 anni. Ma la raccolta differenziata è ferma. I privati, scelti senza gara, gestiscono ancora raccolta, impianti e discariche. Mentre le 'ndrine si infiltrano nel ciclo. Così in Calabria si lucra sull'emergenza spazzatura. La denuncia della commissione bicamerale sui rifiuti
di Tiziana Barillà

Il 12 settembre 1997 in Calabria è stato dichiarato lo stato di emergenza per il settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani. «A distanza di oltre tredici anni dall'istituzione dell'ufficio del commissario delegato per l'emergenza rifiuti in Calabria non è stato realizzato nessuno degli obiettivi previsti dai piani regionali per i rifiuti predisposti dal commissario». Non sono le parole dei movimenti ambientalisti, ma le conclusioni della Commissione bicamerale d'inchiesta sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti, presentata nei giorni scorsi a Crotone dal presidente Gaetano Pecorella. Duecento pagine in cui la Commissione demolisce il commissariamento, gestito negli anni da 5 diversi presidenti di Regione e da altrettanti prefetti. Dal febbraio 2011, l'attuale governatore Giuseppe Scopelliti è stato sostituito dal generale della Guardia di finanza Graziano Melandri, undicesimo commissario all'emergenza calabrese. Ma se la Calabria proprio non riesce a risolvere il suo problema con la spazzatura, la colpa non è solo di politici e alti funzionari dello Stato. In Calabria, infatti, non sono state realizzate nel corso di tutto il commissariamento nuove discariche pubbliche e tutto il sistema è rimasto affidato ai privati.
Ad oggi, sono operative le discariche di Catanzaro-Alli, di proprietà del privato Enerambiente SpA; quella di Pianopoli (Cz) gestita dalla Ecoinerti di proprietà del gruppo Daneco; e quella di Crotone, località Columbra, la più grossa della regione. La Sovreco srl che la gestisce fa parte del gruppo Vrenna, finito più volte in inchieste della magistratura per rapporti con le ’ndrine. Mentre tutte le altre discariche, pubbliche e private, sono praticamente esaurite. Quanto agli impianti di trattamento, sono 7, funzionano malissimo (il 40 per cento dei rifiuti trattati finisce in discarica) e sono tutte di proprietà della Tec spa, società della multinazionale francese Veolia. A gestire la raccolta, infine, sono 14 società miste, costituite al 51 per cento dal capitale pubblico e al 49 per cento da capitale privato.
Privato vuol dire efficienza? Una tesi tutta da dimostrare. Per ogni cittadino calabrese si spendono ben 123,89 euro l'anno solo per la gestione delle discariche e delle stazioni di trasferenza da parte del commissario, cui vanno ad aggiungersi le somme pagate a titolo di tariffa dai Comuni. La gestione del commissario, nel solo periodo 1998-2006, è costata 700 milioni di euro, come rilevato dai carabinieri per la tutela dell'ambiente di Napoli. Ad oggi, il costo complessivo ha superato il miliardo di euro. Il tutto per un servizio di pessima qualità: la raccolta differenziata pro capite in Calabria è di 58,2 kg/abitante per anno. La media nazionale è di 165,5 e quella del sud Italia di 72,7.

«L'esito delle iniziative commissariali è stato rovinoso, posto che la raccolta differenziata non è decollata, anzi è rimasta ferma al punto di partenza - si legge nella relazione - le gara sono state svolta a metà, e cioè solo per selezionare imprese private locali, mentre la scelta più importante, quella cioè del socio “industriale” nelle società miste, è avvenuta ad opera del commissario delegato, senza gara alcuna». Secondo la Corte dei conti, inoltre, «l'unica evidente finalità di tale gestione sembra essere quella di garantire posti di lavoro, piuttosto che un servizio ai cittadini e di dare cittadinanza anche nel settore della gestione dei rifiuti a gruppi con evidenti connotazioni mafiose». Anche il procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, riferisce «dell'esistenza di connivenze, infiltrazioni e condizionamenti, talvolta a livello di amministratori dei comuni, a volte, molto più semplicemente, della struttura amministrativa, che spesso si intreccia con la prima».
Intanto, il governatore Scopelliti rassicura che nel 2012 cesserà il commissariamento. Mentre il 12 novembre i comitati calabresi coordinati dalla Rete per la difesa del territorio "Franco Nisticò", sfileranno a Crotone per chiedere di fermare la distorsione tutta italiana dei commissari, per l’avvio della raccolta differenziata porta a porta e la bonifica di tutti i siti inquinati.

domenica 23 ottobre 2011

QUEL CHE PENSIAMO DEL 15 OTTOBRE _ un parto collettivo da Reggio al Pollino

 SABATO 15 OTTOBRE, UN GIORNO DA RICORDARE.


Il 15 ottobre ha visto in tutto il mondo la nascita di un nuovo protagonismo sociale. Milioni di cittadini ovunque, in tutti i continenti, hanno manifestato per difendere i diritti, messi a rischio dalla crisi del sistema capitalista, fondato su finanza speculativa, competitività e produttività.
In Italia, l'altissima partecipazione, volutamente concentrata nella sola piazza romana a dimostrato la straordinaria vitalità dei movimenti e della voglia di rivalsa della società civile italiana. Centinaia di migliaia di persone erano a Roma con le loro proposte e la loro indignazione, con l’obiettivo di partecipare alla nascita di un movimento contro la crisi del sistema e chi l'ha provocata.
Il nostro Paese si trova stritolato nelle spire di una crisi che attanaglia tutti i protettorati (nazioni europee in prima linea) del moribondo gigante unipolare a stelle e strisce e il matrimonio d’interesse tra capitalismo e democrazia rappresentativa, con buona pace di Sinistra e Destra nostrane, si avvia ad un prossimo, imminente divorzio.


Mentre questa crisi totale, provocata dalla finanza internazionale - che de facto detta l’agenda politica di ciascun governo europeo- distrugge in forma criminale ciò che nell’ultimo ventennio è rimasto in piedi dello Stato sociale, la nostra classe politica non trova di meglio da fare che offrirci lo spettacolo rivoltante del litigio infinito per chi sia l’interlocutore e l’esecutore più affidabile dei diktat che, proprio dalle centrali bancarie e finanziarie europee, provengono e per giunta, con crescente arroganza.


Sarebbe a dire: affidiamoci a chi ha scientemente provocato il male per sconfiggerlo! Un paradosso nel paradosso, poiché a ben vedere l'anomalia tutta Italiana degli scontri di piazza, la rabbia sociale giustamente esplosa, ha una matrice abilmente nascosta a tutti.
La gerontocrazia, le mafie criminali e borghesi, i poteri occulti massoni e/o finanziarie, la multinazionale piuttosto che il padroncino di turno, i baronati universitari, la mortificazione del precariato a vita, tutto ciò che, in Italia ancor più che in altri paesi, tiene bloccate le incerte esistenze dell’ ultima generazione Italiana. Che poi solo giovani non sono visto che la precarietà è ormai confezionata dai 19 ai 40 anni, e s'incontra con chi è stato espulso dal processo produttivo a 50 anni, con buona pace delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e dei loro agganci politico istituzionali.

La frustrazione del NO FUTURE o viene somatizzata, e casi di suicidio ce ne sono, o viene fatta esplodere, e per fortuna è questa la risposta dei più. La giornata di sabato dimostra innanzitutto questo, rivolgendosi contro obbiettivi simbolici dell'apparato economico, istituzionale e repressivo colpevoli dei nostri problemi: precarietà, povertà diffusa nell’universo giovanile, negazione del diritto alla casa e allo studio, disoccupazione dilagante, morti sul lavoro.
Tanti ragazzi che lottavano, a modo loro, contro quello che avevano davanti, sfogando rabbia in maniera confusa ma con un messaggio chiaro e con la forza di chi davanti a sé non vede un futuro.
La gestione della manifestazione, con l'apertura ai partiti politici, come se fosse un grande trampolino politico elettorale, e la gestione della piazza, fanno sorgere il dubbio che si cercasse il pretesto per annullare, sminuire, criminalizzare ogni manifestazione di dissenso non riconvertibile in voti.
Una Piazza San Giovanni riempita dai MOVIMENTI, da quelli per l'ACQUA ai NO TAV, dai PRECARI, ai MIGRANTI, da tutto il tessuto vivo della società italiana, sarebbe stato un colpo mortale, per le moribonde rappresentanze parlamentari.


E ipocritamente quei settori, che volevano manipolare la manifestazione di sabato, oggi piangono per averla persa, quando non assumono comportamenti delatori. Inaudito!! Il popolino, cresciuto al gossip e chiacchericcio delle TV, che combatte Berlusca, ma ne è espressione speculare, nell'univoco pensiero, mette una vera e propria rabbia nell'incitare la polizia contro tutto ciò che ai sui occhi appare immorale, o magari semplicemente sconveniente; questa furia moraleggiante che s'impadronisce del popolo è, per la polizia, una garanzia ben più sicura di quella che le potrebbe essere fornita dal governo. Il primo passo è compiuto, la prima mutazione qualitativa, in direzione regressiva, può dirsi realizzata. Ad essa hanno contribuito, più o meno consapevolmente, tutti i partiti che si riconoscono, con sfumature diverse, in questo Sistema. Dalla politica di “lacrime e sangue” alla politica di “lacrimogeni e sangue”.
All’interno di questa “sindrome di Weimar” si consuma la parabola del deputato Antonio Di Pietro capace di passare – nel giro di due settimane- dal massimalismo radicale del “ci scappa il morto in piazza”, all’invocazione di una nuova legge Reale!

La polizia ha attaccato, a San Giovanni, una folla in gran parte pacifica ed inerme, scagliandogli contro, in violenti caroselli che hanno rischiato di fare una strage, idranti e blindati.
La proposta di nuove leggi speciali per contenere il dissenso, mostra quanto il Re è nudo e impotente di fronte all'esigenza concreta di cambiamenti reali.
Più gravi sono però le responsabilità di chi ha gestito le forze dell’ordine scegliendo di blindare i palazzi del potere e di attaccare indistintamente, in piazza S. Giovanni, col risultato di seminare panico e feriti tra la folla dei manifestanti presenti.

La permanente gravità della crisi e le ricette capitalistiche che continuano a imporci, sono i motivi che ci spingono a continuare la lotta per il rovesciamento del modello di sviluppo a favore di un sistema fondato sui beni comuni, la ridistribuzione reddito e il diritto al lavoro.
Sui media, stampa e TV i primi a essere colpiti, come sempre, gli anarchici, colpevoli di volere un mondo migliore basato sull'autogestione, la libertà e la solidarietà, e in concreto: agroecologia, energie rinnovabili, bioedilizia, commercio equo solidale, trasporti ecologici, rifiuto dei rifiuti (plastica e altre porcherie di sintesi)
Proprio noi che come anarchici abbiamo una sola risposta: costruire sicurezza sociale, non con i manganelli e la violenza, ma con una istruzione garantita e libera per tutti, con l’assistenza ai più deboli, con la dignità del lavoro nelle comunità, con un futuro in cui vivere senza doversi vendere come schiavi o prostitute.
E a proposito di violenza, che sembra essere l’unico argomento capace di riempire i salotti televisivi, ricordiamo tutti i morti per mano dello stato, ultimo in ordine temporale Stefano Cucchi, o il maestro elementare Francesco Mastrogiovanni, e con il pensiero a loro, ribadiamo che nessuna violenza è più grave e più dannosa della violenza che lo stato ogni giorno ci vomita addosso.
LIBERTARI/E e ANARCHICI CALABRESI

domenica 9 ottobre 2011

Resistenza Sonora - Kalafro Sound Power

Sogno: un colpo di Stato organizzato in strada,
insurrezione popolare armata, nuova intifada,
gente barricata, gioventù incazzata,
ogni frontiera bloccata dalla Sicilia alla Basilicata.
Dalle campagne, donne, un giorno qualunque
faranno i nomi degli infami e metteranno il fuoco dentro ai bunker;
la loro voce darà voce a chi ora tace
e l’ultimo boss sarà l’ultimo “uomo di pace”.
La libertà non si conquista
senza le armi in mano come Cuba con Batista,
dimmi, chi è il terrorista? Fottuto giornalista!
La mafia è nella casa del politico che paga la tua rivista.
Un solo grido e stavolta non è allo stadio,
il suono dei ribelli passa in radio,
racconta che un pentito vuole protezione,
ma chi protegge il mio popolo da ingiustizie ed oppressione: è un clima di tensione!
Gli occhi dei vecchi sanno chi ha mentito,
ma l’omertà, alle volte, è l’unica salvezza per chi ha sentito
e anche gli sbirri bruceranno la divisa
con la dignità uccisa.
Se non c’è più tempo per ripensamenti o rese,
niente politichese o finti pacifismi da democrazia borghese:
qui si libera ‘sta terra, qui si fa la storia,
ora, pugni in alto e Resistenza Sonora!

Non abbassare la tua testa, tu non farlo mai!

Non devi dargliela per vinta, no, non farlo mai!
Se senti vento di rivolta te ne accorgerai,
ora e sempre: Resistenza!

RIT:

No, io no che non mi arrenderò,
col fucile io camminerò
sulla strada per la libertà
se sta terrà non s’ha da tuccà!
Perciò ogni giorno io combatterò,
questa è l’unica cosa che so,
sulla strada per la libertà
e col nemico nessuna pietà!


Mentre il Presidente mente al PM di Milano

ad Arcore è nascosto il vero Provenzano
e se dici che la mafia è un’invenzione di Saviano,
la camorra ricicla il denaro del Vaticano.
È chiaro, chi ha perso la voce non ha capito
che un leone non va a caccia prima di aver ruggito
e se la testa non ti basta per abbattere il nemico
spara ora, perché il tuo tempo non è finito.
E finché un latitante a Reggio è un cristo che impone arbitrio,
tu non affidarti al cielo se ‘sto inferno è già un suicidio;
mentre chi governa vende armi e vittime al cecchino,
l’antimafia dorme nella villa del padrino.
Ma se la rivolta piange negli occhi del tuo vicino,
sarà il fuoco di un brigante a illuminare il suo cammino;
se ogni giorno chi ha paura muore con il suo destino,
io morirò una volta sola come Borsellino.

RIT


È Resistenza Sonora in strada e sulla scena,

scrivo e controinformo contro il cloroformio del sistema.
Si combatte, il suono butta giù le maschere
e tre quarti del music market non ha carattere.
Nuovi guerriglieri, briganti come ieri,
non voglio boss, ma nemmeno sbirri e giustizieri:
battaglie in strada come a Santa Clara
e una maglietta di Guevara vale solo quanto l’hai sudata.
Passaparola come si passa la giolla,
dai una lezione di storia ai “boia chi molla”;
partono ancora i treni per Reggio Calabria
ed ogni strage che s’insabbia fa più aspra la nostra rabbia.
Dedicato alle radici dentro,
a chi sta al nord da trent’anni e non ha perso l’accento:
rivoluzione in ogni mia parola
e nella gente che la suona... Resistenza Sonora.

Non abbassare la tua testa, tu non farlo mai!

Non devi dargliela per vinta, no, non farlo mai!
Se senti vento di rivolta te ne accorgerai,
ora e sempre: Resistenza!





Il CD "Resistenza Sonora" è stato realizzato con il supporto del Museo della 'Ndrangheta di Reggio Calabria, istituzione culturale di contrasto alle mentalità mafiose, che opera proprio grazie ai beni confiscati ai clan e alle associazioni criminali. Il CD altro non è che la trasformazione in musica di ville, terreni e beni un tempo appartenuti a boss e malavitosi. La formazione, da anni in prima linea nel combattere la 'Ndrangheta a colpi di musica e cultura, è stata individuata come un ideale veicolo di comunicazione culturale e musicale contro il radicamento delle mafie tra i giovani. I Kalafro non sono nuovi a manifestazioni e blitz anti 'Ndrangheta. Nei loro testi vi sono riferimenti a fatti di cronaca come la rivolta di Rosarno, la bomba alla Procura di Reggio Calabria, ma anche una ricerca di una nuova coscienza collettiva per abbracciare un solo grande Sud.

sabato 1 ottobre 2011

Sai cos'è un piumino?

X un gene in + _ di Virus Nebula

Gli Organismi Geneticamente Modificati offrono periodicamente spunti di riflessione e dibattito, difatti già nel numero 3, Luglio 2010, abbiamo dato notizia con un articolo su una petizione in seguito ad una direttiva europea che ne consente la coltivazione. In natura, la trasmissione di geni è possibile solo tra organismi della stessa specie appartenenti allo stesso genere; in natura, un topo non consente di trasmettere la sua resistenza al freddo ad un pomodoro e la pianta di mais  non acquisisce la capacità di produrre  da se stessa la molecola insetticida che provoca la morte degli insetti parassiti.
L’incertezza sta che  il gene fa una certa cosa in un insieme di circostanze e un’altra in un insieme di circostanze diverse; esso cioè è soggetto a regolazione dettata dalle condizioni dell’ambiente cellulare che lo attivano o lo disattivano; è presente l’elemento dell’imprevedibilità . Gli imprevisti sono a carico del suolo, con la presenza di  essudati attivi che interagiscono con la fertilità del suolo  e la nutrizione delle piante; su altri insetti; sulla comparsa di specie resistenti, sull’inquinamento genetico. Data la  libertà di coltivazione per chi vuole coltivare OGM, può valere anche per il coltivatore vicino che deve essere altrettanto libero di poter coltivare OGM-free quando ci può essere una soglia di contaminazione fino alla scomparsa della specie non OGM per impollinazione naturale. A carico di chi sarà  il controllo della flora spontanea a bordo campo per prevenire l’insorgenza di piante spontanee GM?  Nei confronti della salute vi è una difficoltà  pratica a ottenere informazioni  sull’innocuità dei cibi, in quanto non sono applicabili gli studi tossicologici classici. Molto della questione OGM ruota intorno al brevetto. All'agricoltura dovrebbe essere lasciato il suo tradizionale compito di selezione di specie più produttive, con le migliori caratteristiche colturali ; gli OGM di certo non rappresentano la continuazione logica del miglioramento selettivo, perché sfondano la diversità e la distanza fra specie (il Bacillus thuringiensis probabilmente, non sarebbe andato a cedere una sua parte di genoma alla pianta di mais; di certo un bucaneve non si sarebbe accoppiato con una melanzana e via di seguito). 

 (da "L'Urlo", periodico indipendente di informazione e cultura della provincia di Lecce)

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