domenica 26 dicembre 2010

ZEITGEIST ADDENDUM _ il funzionamento moderno della moneta


La società oggi, è composta da una serie di istituzioni.
Dalle istituzioni politiche, a quelle giuridiche, a quelle religiose.
Fino alle istituzioni delle classi sociali, dei valori familiari e della specializzazione professionale.
E' ovvia la profonda influenza che queste sovrastrutture hanno nel dare forma ai nostri giudizi e alle nostre opinioni.
Fra tutte le istituzioni sociali in cui siamo nati, diretti e condizionati...non sembra esserci alcun sistema dato per scontato, e così poco compreso, come quello monetario.
Dopo aver raggiunto proporzioni quasi religiose, le istituzioni monetarie riconosciute esistono come una sorta di dogma, fra i più forti mai esistiti.
Come viene creato il denaro, le politiche che vengono perseguite e quali sono i veri effetti sulla società, sono però argomenti trascurati dalla maggior parte della popolazione.
In un mondo in cui l'1% della popolazione possiede il 40% della ricchezza planetaria, in un mondo in cui 34.000 bambini muoiono ogni giorno per povertà e malattie che si possono prevenire, e dove il 50% della popolazione mondiale vive con meno di 2 dollari al giorno...
una cosa è chiara:
c'è qualcosa di profondamente sbagliato.
E consapevoli o no, il sangue che da vita a tutte le nostre istituzioni,
e quindi alla nostra stessa società, è il denaro.
Quindi comprendere le istituzioni del sistema monetario è fondamentale per comprendere perché il nostro stile di vita è così.
Sfortunatamente, l'economia è spesso considerata caotica e noiosa.
E lo scorrere di notizie in gergo economico, insieme a grafici e calcoli matematici che spaventano, è un ottimo deterrente per il suo studio.
Comunque, la realtà è che:
la complessità associata con il sistema finanziario è soltanto una maschera progettata per nascondere uno dei meccanismi socialmente più paralizzanti che l'umanità abbia mai introdotto.

"Nessuno può essere schiavizzato nel modo più desolante di colui che crede falsamente di essere libero"
                                          (Johann Wolfgang von Goethe)

                                                          ***



Parecchi anni fa, la banca centrale degli Stati Uniti, la Federal Reserve,  ha elaborato un documento intitolato "Funzionamento moderno della moneta".
Questa pubblicazione rappresenta nel dettaglio le procedure istituzionali per la creazione della moneta utilizzate dalla Federal Reserve e dalla rete di banche commerciali mondiali che sostiene.
Nella pagina iniziale, si illustra l'oggetto della pubblicazione.
"Lo scopo di questa pubblicazione è di descrivere le basi del processo di creazione della moneta
in un sistema bancario a 'riserva frazionaria'".
Poi procede nella descrizione di questo processo a riserva frazionaria,
facendo uso di terminologia bancaria varia  la cui sintesi può essere qualcosa del genere...
il governo degli Stati Uniti decide di aver bisogno di moneta.
Così chiede alla Federal Reserve 10 miliardi di dollari, ad esempio.
La FED risponde: "certo, compriamo 10 miliardi di dollari in titoli da voi".
Quindi il governo prende alcuni pezzi di carta, su cui ci stampa i suoi marchi ufficiali, e li chiama "Titoli del Tesoro".
Poi decide un valore di questi titoli fino all'ammontare prefissato di 10 miliardi di dollari...e li invia alla FED.
A loro volta quelli della FED stampano anch'essi un mucchio di carte.
Solo che queste vengono chiamate "banconote" della Federal Reserve attribuendo anche a queste un valore pari a 10 miliardi di dollari.
La FED poi prende queste banconote e le scambia con i titoli.
Una volta concluso questo scambio, il governo prende 10 miliardi di banconote dalla FED, e li deposita su un conto corrente bancario.
E con questo deposito le banconote di carta diventano ufficialmente moneta avente corso legale,
aggiungendo 10 miliardi di dollari alla base monetaria degli Stati Uniti.
Eccoli! 10 miliardi di nuova moneta sono stati creati.
Naturalmente, questo esempio è una semplificazione.
Perché in realtà questa transazione avviene elettronicamente. Senza carta.
Infatti solo il 3% della base monetaria degli Stati Uniti è costituito di moneta "fisica".
Il restante 97% esiste solo negli archivi informatici.
Ora, i "Titoli del Tesoro" sono per loro natura strumenti di debito, e quando la FED li compra con moneta che in realtà è creata dal nulla, il governo sta di fatto promettendo di restituire il denaro alla FED. In altre parole, quel denaro è stato creato attraverso l'indebitamento.
Questo paradosso che stupisce sul come il denaro (o valore) possa essere creato attraverso l'indebitamento (o passività), diverrà più chiaro proseguendo con questo esempio.
Allora, lo scambio è avvenuto ed ora 10 miliardi di dollari sono depositati sul conto di una banca commerciale.
Qui le cose diventano molto interessanti. Basandosi sulla regola della "riserva frazionaria", quel deposito di 10 miliardi di dollari istantaneamente diventa parte delle riserve di quella banca.
Come per tutti gli altri tipi di depositi.
E, circa i requisiti di questa riserva, come detto nel "Funzionamento moderno della moneta":
"Una banca deve mantenere le riserve richieste dalla legge pari ad una percentuale prefissata dei suoi depositi."
Poi viene quantificata affermando:
"Sulla base delle norme attuali, i requisiti necessari della riserva per la maggior parte dei conti correnti è del 10%".
Questo significa che con 10 miliardi di dollari depositati, il 10%, cioè un miliardo, è preso come riserva obbligatoria.
Mentre i restanti 9 miliardi di dollari è da considerarsi in eccesso, utilizzabili come base per concedere nuovi prestiti.
Ora, è logico dedurre che questi 9 miliardi usciranno dal deposito esistente di 10 miliardi.
Ma in realtà non è questo che avviene. Quello che accade, in realtà, è che quei 9 miliardi vengono semplicemente creati dal nulla sulla base del deposito di 10 miliardi di dollari.
Questo è il modo con cui la base monetaria si espande.
Come detto ne "Il funzionamento moderno della moneta":
"Ovviamente loro" le banche, "non concedono prestiti utilizzando realmente il denaro che ricevono nel deposito.
Se facessero questo, non verrebbe creata nuova moneta.
Quello che fanno quando concedono un prestito è di accettare delle specie di cambiali - i contratti di mutuo - in cambio di concessione di credito (liquidità) sui conti correnti dei mutuatari.
In altre parole, i 9 miliardi di dollari possono essere creati dal nulla semplicemente perché esiste domanda per quel tipo di mutuo, e che c'è un deposito di 10 miliardi di dollari che soddisfa i requisiti obbligatori della riserva.
Ora supponiamo che qualcuno entri in questa banca e prenda in prestito questi "nuovi" 9 miliardi a disposizione.
Dopodiché costui probabilmente prenderà quel denaro e lo depositerà nel proprio conto corrente.
Il processo quindi si ripeterà.
Quel deposito entrerà a far parte della riserva di quella banca.
Il 10% verrà accantonato, e a sua volta il 90% dei 9 miliardi, cioè 8.1 miliardi, è ora disponibile per creare nuovo denaro per nuovi prestiti e naturalmente quegli 8.1 miliardi possono essere di nuovo prestati e ri-depositati creando 7.2 miliardi poi 6.5 miliardi, poi 5.9 miliardi e così via.
Questo ciclo di creazione della moneta e dei depositi bancari può tecnicamente andare avanti all'infinito.
Da un calcolo matematico risulta che si possono ottenere 90 miliardi di dollari sulla base degli iniziali 10 miliardi.
In altre parole: per ogni deposito che viene creato nel sistema bancario, una somma di denaro circa 9 volte superiore può essere creata dal nulla.
"Bisogno urgente di denaro? Chiedi alla Bank of America!"
"te lo darà all'istante!".
"denaro fresco sotto forma di un conveniente prestito personale."
Ora dato che sappiamo come viene creata la moneta attraverso il sistema a riserva frazionaria, una domanda logica, seppur illusoria, dovrebbe venirci in mente:
cosa da vero valore a questa moneta?
La risposta è: il denaro che già esiste.
La nuova moneta essenzialmente ruba valore alla base monetaria esistente.
Ad ogni incremento di moneta complessiva in circolazione corrisponde un incremento della domanda di beni e servizi.
E, per la legge della domanda si ottiene l'equilibrio, i prezzi aumentano, riducendo il potere di acquisto di tutta la moneta complessivamente in circolazione.
Questa viene generalmente chiamata inflazione.
E l'inflazione è praticamente una tassa collettiva nascosta.
Ron Paul:
 "Qual è il messaggio che si ottiene di solito? Che si sta inflazionando la moneta.
Ma non dicono indebolendo la moneta. Non dicono che perde valore.
Non dicono che le persone sono ingannate.
Dicono "Abbassiamo i tassi di interesse".
Il vero inganno è quello di distorcere il valore del denaro.
Quando noi creiamo denaro, lo facciamo dal nulla, non abbiamo risparmi. Tuttavia c'è il cosiddetto "capitale".
Quindi la mia domanda si può sintetizzare in questo: come possiamo nel mondo risolvere il problema dell'inflazione
Così: aumentiamo l'offerta di moneta, ottenendo più inflazione!"
Naturalmente non si può.
L'espansione monetaria del sistema a riserva frazionaria è intrinsecamente inflazionistica.
Attraverso l'espansione della base monetaria, senza che ci sia un proporzionale incremento di beni e servizi, si riuscirà sempre a far diminuire il potere d'acquisto.
In effetti, dando una rapida occhiata all'andamento del valore storico del dollaro USA, raffrontato con quello dell'offerta di moneta, si evidenzia questo definitivamente.
La correlazione è inversa ovviamente.
Un dollaro nel 1913 corrispondeva a 21.6 dollari del 2007.
Si tratta di una svalutazione del 96% iniziata con l'introduzione della banca centrale (Federal Reserve).
Ora se pensate che questa realtà dell'inflazione intrinseca e permanente sia assurda e antieconomica, la vostra concezione verrà sminuita se consideriamo come il nostro sistema finanziario funziona realmente.
Nel nostro sistema il denaro è debito, e il debito è denaro.
Questo è un grafico dell'andamento dell'offerta di moneta dal 1950 al 2006.
Questo a destra riguarda l'andamento del debito nazionale USA dello stesso periodo.
Notate che l'andamento è pressoché lo stesso, perché più denaro circola, e più c'è debito.
Più c'è debito e più c'è denaro.
Per dirla diversamente, ogni singolo dollaro nel vostro portafoglio è un debito con qualcun altro.
Ricordate: l'unico modo per creare moneta è attraverso un prestito.
Perciò se tutti nella nazione fossimo in grado di estinguere i nostri debiti, governo compreso, non rimarrebbe alcun dollaro in circolazione.

"Se non ci fosse debito nel nostro sistema monetario, non ci sarebbe moneta."
                       (Marriner Eccles, Governatore della FED, 1941)

Effettivamente, l'ultima volta che nella storia americana il debito nazionale era completamente saldato fu nel 1835, quando il presidente Andrew Jackson fece chiudere la banca centrale esistente precedente alla FED (Federal Reserve).
Effettivamente, l'intero programma politico di Jackson era rivolto a questo scopo, cioè di far chiudere la banca centrale, dichiarando ad un certo punto: "I tenaci sforzi che l'attuale banca ha compiuto per riuscire a controllare il governo non sono altro che segni premonitori di quello che attende il popolo americano che dovrebbe essere deluso della costrizione di questa istituzione o di un'altra simile". Sfortunatamente, il suo messaggio ebbe vita breve...
I banchieri riuscirono a far istituire un'altra banca centrale nel 1913:
la Federal Reserve. E finché esisterà, il debito sarà permanente, è sicuro.
Sinora abbiamo discusso del fatto che il denaro viene creato dal debito, attraverso prestiti.
Questi prestiti si basano sulle riserve bancarie, e queste dipendono dai depositi. E attraverso questo sistema della riserva frazionaria, ciascun deposito può creare per 9 volte il suo originale valore determinando una perdita del potere di acquisto della moneta esistente, con conseguente aumento dei prezzi.
E dato che tutta questa moneta viene creata attraverso il debito, e circola in modo casuale attraverso il commercio, gli individui vengono scollegati dal loro debito iniziale, e si crea uno stato di squilibrio in cui la gente è costretta a competere per lavorare al fine di ottenere abbastanza denaro dalla base monetaria per coprire il costo della vita.
A differenza di quanto può sembrare, c'è ancora un elemento mancante in questa equazione.
Ed è questo elemento che rivela la vera natura fraudolenta del sistema stesso.
L'applicazione di un interesse.
Quando il governo prende in prestito denaro dalla FED, o una persona prende prestiti dalla banca,
il prestito va restituito insieme ad un interesse.
In altre parole, quasi tutti i dollari in circolazione devono essere restituiti, alla fine, ad una banca assieme all'interesse.
Ma,
se tutta la base monetaria viene prestata dalla Banca Centrale, espandendosi alle banche commerciali tramite prestiti, solo quello che viene definito come "principale" costituirà la nuova moneta offerta.
E allora, dov'è il denaro che serve a coprire tutti gli interessi sul capitale?
Da nessuna parte.
Non esistono.
Le implicazioni di tutto ciò sono sconvolgenti.
L'ammontare del denaro che deve essere restituito alle banche eccederà sempre la quantità del denaro in circolazione.
Questo è il motivo per cui l'inflazione è una costante in economia, in quanto c'è sempre bisogno di nuovo denaro per consentire la copertura del deficit insito nel sistema, causato dal bisogno di pagare gli interessi.
Questo significa che matematicamente le insolvenze e i fallimenti fanno parte del sistema, e ci saranno sempre elementi poveri della società che rimarranno con il cerino acceso in mano.
Un'analogia potrebbe essere il gioco delle sedie musicali:
una volta che la musica si ferma, qualcuno rimane a bocca asciutta.
E questo è il punto.
Trasferisce invariabilmente la vera ricchezza degli individui alle banche in quanto se tu non sei in grado di pagare il tuo mutuo, si prenderanno le tue proprietà.
Questo fa ancor più indignare, se ci si rende conto non solo che tali insolvenze sono inevitabili a causa della pratica della riserva frazionaria. Ma anche perché il denaro che la banca ti presta, non è nemmeno stato creato in un maniera legale!

Nel 1969 ci fu una causa nel tribunale del Minnesota che coinvolse un uomo, Jerome Daly, che fece opposizione al rifiuto della cancellazione dell'ipoteca sulla sua casa da parte della banca che gli aveva concesso il mutuo per comprarla.
La sua difesa verteva sul fatto che il contratto di mutuo richiedeva da ambo le parti, cioè da lui e la banca, l'uso di proprietà legittime per lo scambio.
Giuridicamente questa viene chiamata la "causale" del contratto. [ CAUSALE: elemento fondamentale che si fonda sullo scambio di una prestazione di una parte in cambio di un corrispettivo dall'altra. ]
Il signor Daly spiegò che il denaro non era in realtà di proprietà della Banca, in quanto era stato creato dal nulla nel momento in cui il contratto venne sottoscritto.
Ricordate cosa diceva "Il funzionamento moderno della moneta" sui prestiti?
Quello che fanno quando concedono un prestito è di accettare delle cambiali in cambio del credito concesso.
Le riserve non vengono modificate direttamente dalle operazioni di prestito.
Ma i prestiti che vengono depositati incrementano l'ammontare dei depositi bancari.
In altre parole, il denaro non esce dal loro patrimonio esistente. La banca lo sta semplicemente inventando non mettendoci niente di proprio, eccetto che una solvibilità teorica, "sulla carta".
Nel prosieguo del processo, il presidente della Banca, il sig. Morgan si presentò al banco dei testimoni e dalle memorie personali di un giudice egli ricordò che Plaintiff  (un presidente della banca) ammise che, congiuntamente con la FED, aveva creato denaro e il credito dei suoi impieghi attraverso un'iscrizione contabile; cioè che il denaro e il credito iniziarono ad esistere nel momento in cui loro li avevano creati. Il sig. Morgan ammise che non esisteva alcuna legge o statuto degli Stati Uniti che gli dava il diritto di farlo.
Per legge deve esistere una forma di corrispettivo legittima che viene offerta in pagamento a sostegno della banconota.
La giuria ritenne che non c'era alcuna causale legittima, e sono d'accordo.
Poeticamente ha anche aggiunto: "Solo Dio può creare qualcosa di valore dal nulla".
E sulla base di questa rivelazione, la Corte non riconobbe il diritto della Banca di rifiutare la cancellazione dell'ipoteca e il sig. Daly tenne la sua casa.
Le implicazioni di questo caso giuridico sono immense, in quanto ogni volta che prendi in prestito denaro da una banca, sia con mutuo o in altro modo, non solo il denaro che ti viene dato è fittizio, ma è anche una forma di controprestazione illegittima.
E rende nullo il contratto che obbliga la sua restituzione, in quanto la banca non ha mai avuto la proprietà del denaro necessaria per poterlo stipulare.

Sfortunatamente queste considerazioni sono tenute nascoste ed ignorate e continua il ciclo continuo del trasferimento di ricchezza e di debito.
E questo ci conduce alla domanda finale:
Perché?
Durante la guerra civile americana il presidente Lincoln rifiutò l'offerta di un prestito ad alto interesse da parte delle banche europee, e decise di fare ciò che i padri fondatori rinunciarono di fare, cioè di creare una moneta indipendente e intrinsecamente libera dal debito.
Fu chiamata "Greenback".
Subito dopo l'adozione di questo provvedimento un documento interno iniziò a circolare tra le banche private britanniche e americane, dove si affermava:
"La schiavitù non è nient'altro che la proprietà del lavoro che implica prendersi cura dei lavoratori,
mentre il piano europeo è che il capitale deve controllare il lavoro, controllando i salari.
Questo si può fare attraverso il controllo della moneta.

Non lo si potrà fare consentendo l'introduzione del Greenback, in quanto non possiamo controllarla".
                            (The Hazard Circular, 1962)

La politica della riserva frazionaria perpetrata dalla FED che l'ha diffusa nelle pratiche della stragrande maggioranza delle banche del mondo, è, in realtà, un sistema moderno di schiavitù.
Pensateci, il denaro viene creato attraverso il debito.
E cosa fanno le persone quando sono indebitate?
Presentano una domanda di lavoro per poter saldare il loro debito.
Ma se il denaro può essere creato solo attraverso prestiti, come può la società essere libera dal debito?
Non può, è questo il punto.
E' la paura di perdere il proprio patrimonio che accompagna la lotta per tenere il passo che il debito e l'inflazione ci impongono essendo cardini del sistema, tutto questo combinato con l'inevitabile carenza della stessa offerta di moneta creata da interessi che non potranno mai essere rimborsati,
lascia gli schiavi legati al salario, come se corressero su una ruota per criceti, con milioni di altri individui, di fatto potenziando un impero di cui beneficia soltanto una èlite situata in cima alla piramide.
E quindi, a fine giornata, per chi stai lavorando veramente?
Per le banche.
Il denaro viene creato dalle banche e lì deve finire.
Loro sono i veri padroni, insieme alle multinazionali ed ai governi che le sostengono.
Nella vecchia schiavitù era obbligatorio che le persone avessero una casa e del cibo.
La schiavitù economica, invece, obbliga le persone a sfamarsi e ad aiutarsi da sole.
E' una delle truffe più ingegnose per la manipolazione sociale che si siano mai create.
E intrinsecamente, è una guerra invisibile contro il popolo.
Il debito è l'arma utilizzata per conquistare e rendere schiava la società, e l'interesse è il suo sparo.
E mentre la maggioranza delle persone continua a vivere ignara di tutto questo, le banche, con la collusione dei governi e delle multinazionali, continuano a perfezionare ed espandere le loro tecniche di guerra economica, creando nuove basi, come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, ed anche inventando un nuovo tipo di soldato:
il "killer economico".

"Ci sono due modi per conquistare e schiavizzare una nazione. Uno è con le spade, l'altro è con il debito."
                                     (John Adams, 1735-1826)

[...continua...]

sabato 25 dicembre 2010

brevi note sulla ristrutturazione del mercato del lavoro in Italia _ parte II

L’aumento degli incidenti anche mortali sul lavoro e delle malattie professionali sono cronaca di tutti i giorni alle quali ha sicuramente contribuito anche l’abolizione del divieto di subappalto di manodopera.
Gli incidenti e le malattie sul lavoro, infatti, sono causati spesso dalla precarietà delle condizioni di lavoro a cui sono maggiormente esposti i lavoratori “affittati” o dipendenti da ditte subappaltatrici.
Per eliminare tale causa, era stata emanata la legge 1369/60 che vietava queste forme di utilizzo dei lavoratori.
Ora, prima che il pacchetto Treu del 1997 con il lavoro interinale, poi con la legge Biagi del 2003 con il lavoro a somministrazione, tale legge è stata abolita ed è stato liberalizzato l’affitto dei lavoratori.
In questo quadro di precarietà delle condizioni di lavoro si inseriscono anche le norme sulla cessione e affitto di azienda o ramo di essa.
In pratica, le misure sulla tutela del lavoratore dagli infortuni e dalle malattie sono considerate nell’economia e nei bilanci aziendali come “capitale morto”, non produttivo, ed i loro costi incidono negativamente sul prezzo del prodotto o servizio venduto, rendendolo meno competitivo o riducendo il profitto aziendale.
L’abolizione delle norme poste a tutela della salute e della vita dei lavoratori – effettuata, tra l’altro, con il D. lgs. 66/03 e la legge Biagi – sono considerate iniziative per lo sviluppo economico e per la competitività.

***

L’introduzione dell’istituto della “mobilità” obbliga i lavoratori ad essere trasferiti, spostati da una sede all’altra come un attrezzo o un macchinario, facilitando, così, l’organizzazione aziendale.

***

Si procede verso la privatizzazione della previdenza e dell’assistenza contro gli infortuni.
La “facoltà” ed il silenzio assenso di conferire il TFR ai fondi pensione varata nel 2007 è un primo passo verso l’abolizione della liquidazione e delle pensioni così come già avviata con l’accordo del 23 luglio 2007.
Il motivo della previsione legislativa di destinazione del TFR ai Fondi di previdenza integrativa è stato spiegato con la riduzione dell’assegno pensionistico portato dal 70 al 40 per cento dall’ultima retribuzione. Riduzione motivata con l’innalzamento della durata di vita delle persone e con il crescente aumento del numero di pensionati rispetto ai lavoratori in servizio.
Con la destinazione ai fondi pensione delle retribuzioni collaterali – 13ma, 14ma, ferie – la pensione sarà ulteriormente ridotta dal 40 al 15 per cento dell’ultima retribuzione. è stato previsto in futuro, inoltre, l’obbligatorietà della destinazione, rendendola forzata, non solo per i lavoratori del settore privato ma anche dei pubblici dipendenti.
La paura dell’eccessivo debito pensionistico è una falsità in quanto le casse dell’INPS non sono in debito. La falsità viene utilizzata dallo Stato per nascondere un’altra truffa.
È intenzione dello Stato abolire le pensioni e regalare le somme di denaro dei contributi già versati (che nel 1998 ammontavano a sei milioni di miliardi di lire) ai grandi capitalisti (industriali e finanzieri).
Già negli anni novanta, ogni governo avanzava la convinzione della riforma dello stato sociale consistente unicamente nel cosiddetto “consolidamento del debito pensionistico”.
Ma cosa significa consolidamento? E cos’è il debito pensionistico?
La parola consolidamento significa: rifiuto di pagare un debito.
Il debito pensionistico sono le somme che lo Stato ha incamerato dai lavoratori sotto forma di contributi previdenziali per poi, nella vecchiaia, pagargli la pensione.
Pertanto, consolidamento del debito pensionistico significa che lo Stato, dopo aver incassato i contributi previdenziali detratti dalla retribuzione dei lavoratori, si rifiuta di restituirli, si rifiuta di pagargli la pensione.
E non pagando le pensioni, lo Stato regala i soldi dei contributi che ha già nelle proprie casse ai grossi capitalisti.
Questo è il progetto dello Stato. Quando i governi affermano che le pensioni attuali dovranno essere ridotte e che i giovani in futuro non avranno mai pensione, non fanno altro che attuare il progetto di rapina a danno dei lavoratori i quali si troveranno senza TFR e senza pensioni.
L’INAIL risarcisce solo il danno da incapacità lavorativa e cerca sempre di non riconoscere le malattie professionali. Con la legge del 2000 sono stati peggiorati i risarcimenti: le invalidità fino al 5% non sono risarcibili e la rendita è concessa solo dal 16% in poi. Riceve un risarcimento danni più la vittima della strada e non il lavoratore che subisce un incidente sul lavoro.

***

Chiaramente i lavoratori che accetteranno l’imposizione di questa ristrutturazione e salari ancora più bassi, avranno maggiori possibilità di essere assunti e di evitare di essere licenziati o di rimanere disoccupati.
In tal senso sono state introdotte alcune misure.
Nel settembre 2008, governo, sindacati e padroni hanno siglato l’accordo ALITALIA il quale non ha interessato solo i lavoratori della compagnia aerea, come erroneamente hanno voluto far credere.
L’accordo Alitalia ha significato l’inizio della riforma dei salari di tutti i lavoratori.
Ogni azienda che dichiara lo stato di crisi può evitare l’obbligo di rispettare le garanzie e le tutele poste a difesa dei lavoratori.
Basta un commissariamento, una procedura di cassa integrazione o di mobilità e l’azienda può cambiare solo il nome.
Con il nuovo nome, l’azienda può licenziare tutti i lavoratori e procedere a nuove assunzioni, chiaramente a condizioni peggiori. E, cioè, con salari più bassi e con contratti precari, quali i contratti a termine, part time, a progetto, a somministrazione ecc. ecc.
Governo, sindacati e padroni hanno attuato un ulteriore passaggio verso il peggioramento con l’accordo del 22 gennaio 2009 con il quale hanno riformato la contrattazione collettiva.
L’accordo del 22 gennaio 2009 prevede che ogni singola azienda può stabilire il pagamento di salari in misura inferiore di quella prevista a livello nazionale.
La scusa adoperata per questa deroga in peggio è quella del minor costo della vita in alcune aree geografiche.
Si è parlato che gli accordi Alitalia e quello del 22 gennaio 2009 hanno reintrodotto le infami “gabbie salariali” che la lotta dei lavoratori negli anni ’60 aveva giustamente abolito.
In realtà, questi accordi sono ancora peggio delle gabbie salariali. Sono un mezzo per imporre la riduzione dei salari e far scatenare una concorrenza al ribasso tra i lavoratori delle singole aziende: quelli che accetteranno una paga inferiore avranno la promessa di non essere licenziati o più opportunità per essere assunti.
Così se i lavoratori italiani accetteranno salari più bassi dei lavoratori francesi, le imprese transalpine investiranno in Italia aprendo nuove fabbriche. Se i lavoratori meridionali accetteranno un salario inferiore a quello del nord, le imprese si sposteranno nel sud. Se i lavoratori di una zona del sud accetteranno una riduzione di salario rispetto a quello di un’altra zona del sud, le imprese si sposteranno in quella zona. Se i lavoratori di un’azienda accetteranno un salario inferiore di quello percepito dai lavoratori di un’altra azienda concorrente, avranno maggiore possibilità di non essere licenziati. Ciò sta già avvenendo non solo con le riforme federaliste ma, soprattutto, con i patti territoriali e i patti di aree di sviluppo (ben accettati da BASSOLINO e CITO affermando il superamento del federalismo e l’imposizione del municipalismo).
Per questi motivi si spiega l’abolizione della contrattazione collettiva che costituisce una indubitabile garanzia per il lavoratori e si reintroduce quella individuale. Il riferimento alla produttività non è altro che la contrattazione di ogni singolo lavoratore con il datore di lavoro in concorrenza con gli altri lavoratori.
Nel meridione, dove i disoccupati sono il 16% della forza lavoro, la retribuzione è già meno della metà di quel la del settentrione dove i disoccupati sono il 4%.
È chiaro che i settori più interessati a questo discorso sono quelli nella cui produzione incide fortemente il costo della manodopera. Ciò non sarà per le aziende chimiche in cui il costo del lavoro incide solo per il 15-20% sui costi totali. Infatti, le aziende chimiche difficilmente sono trasferite nelle zone a basso costo di manodopera a differenza di quanto già avviene per il settore tessile, calzaturiero, delle confezioni e manifatturiero in genere, le quali da tempo hanno provveduto a delocalizzare le loro imprese.
La tendenza sarà sempre più al ribasso vista la continua minaccia di delocalizzare la produzione all’estero.
Accordi padronali degli ultimi mesi hanno previsto che i salari mensili dei lavoratori italiani saranno di € 1.100 al nord, 750 al centro e 300 al sud.

da "Lavoro: che fare?" di Giovanni De Francesco

domenica 19 dicembre 2010

Senza centro di gavità_ di Angelo Nizza


Immigrati che salgono sulle gru nel cantiere della metropolitana in zona San Faustino a Brescia. Altri che si insediano sul tetto della torre-ciminiera di una fabbrica dismessa in via Imbonati a Milano. Per diventare visibili e denunciare di essere stati vittime di imbrogli e raggiri nel losco gioco dei permessi di soggiorno. E, ancora, nuove persone straniere che approdano al largo della costa di Crotone. Non solo sulle ormai passate di moda “carrette del mare”, ma anche su barche di lusso e velieri. Ben dodici sbarchi avvenuti dalla fine di agosto fino a tutto il mese di novembre.
Sono gli ultimi, gli esclusi, gli inetti del ventunesimo secolo. Loro sono quelli che, in così tanto mondo, non riescono a trovare un posto dove risiedere. Il copione è quasi sempre lo stesso: arrivano dal Maghreb oppure dai Balcani e dalle zone del medio oriente in cerca di un’occasione, magari di una casa, di un lavoro e di un amore. Insomma, fuggono da chissà dove e chissà che cosa sperando di trovare spazi e tempi migliori. Alcuni ce la fanno, realizzano il sogno e raggiungono la tanto sospirata integrazione. Ma molti, la maggior parte, cedono e si trasformano in fantasmi, senza nome, ne età, senza niente e nessuno, privi di una vita. Brancolano nel buio, tirano a campare e meglio che vada finiscono con l’infoltire le fila della mala. Questi signori, queste donne e questi bambini mettono in chiaro un problema. Una questione che prima di essere di natura politica, o economica o sociale è squisitamente filosofica. L’immigrato senza fissa dimora, il clandestino, l’apolide, insomma quello che in gergo volgarissimo si chiama “il marocchino” o “il polacco” o “il rumeno”, esibisce il dilemma del disambientamento cui è costretto l’uomo.
 Per nostra natura non nasciamo in un luogo in cui poterci radicare una volta per sempre. Di volta in volta questo ce lo dobbiamo inventare. Oltre a vivere, l’essere umano è chiamato a produrre le condizioni per mandare avanti la propria vita. Se ce la fai, allora bene. Cioè: se riesci a ritagliarti un tuo agio o a incanalarti in un ambiente costruito da altri, allora sei dentro. Sei sistemato, perché è di un sistema che fai parte.
In caso contrario, divieni un disperato fuori da ogni giardino, un declassato, un individuo poco raccomandabile, una persona da cui guardarsi. Eppure il disambientato, è questo il nome corretto, di Bucarest o di Varsavia, pone al mondo intero un argomento profondo, fondamentale tanto quanto la crisi fra le due Coree. Dato un paradigma dominante, ci sarà sempre qualcuno che ne rimane fuori e che, quindi, domanda aiuto perché non trova il suo centro di gravità.

E, infine, l’epoca in cui viviamo oggi, che è quella che sta segnando la fine della società del lavoro, sta mettendo alle porte proprio la nuova generazione dei paesi capitalisti. Essi, vale dire noi, giovani occidentali del 2010 siamo gli instabili, i precari, quelli che, sì c’è il sistema ma scricchiola, tentano troppo spesso invano di trovare una collocazione, anche noi siamo disambientati e, a volte, anche migranti. Anche noi in fuga verso l’estero alla ricerca di qualche cosa che la patria non ci dà.

(da "Fatti al Cubo", giornale indipendente dell'Università della Calabria)

sabato 18 dicembre 2010

Brevi note sulla ristrutturazione del mercato del lavoro in Italia _ parte I



Da diversi anni in Italia è in corso in progetto di ristrutturazione generale del mercato del lavoro presentato ufficialmente come politica di sviluppo economico del Paese. Questo deve passare attraverso la creazione di nuovi mercati per le imprese con la competitività dei prodotti e dei servizi. Competitività  che significa vendita dei prodotti e prezzi inferiori di quelli di altre imprese.
Nel ciclo produttivo l’unica variante su cui incidere per ridurre il prezzo di un prodotto è il costo della manodopera. La competitività passa, pertanto, attraverso la riduzione del costo della manodopera e, cioè, la riduzione dei diritti dei lavoratori. Nelle regole e nei principi economici, infatti, si afferma che i diritti dei lavoratori costano. Non a caso una delle accuse che da diverso tempo viene rivolta ai lavoratori italiani è quella che costano troppo per le imprese.
Il progetto che sta passando in Italia prevede l’eliminazione di tutte quelle cause e, cioè, i diritti dei lavoratori, che non permettono facilmente alle imprese di ridurre il costo del lavoro. L’obbiettivo è l’abolizione totale delle garanzie retributive e della stabilità del posto di lavoro.
Ciò sta avvenendo mediante la previsione e l’applicazione dell’istituto della flessibilità, che in pratica significa piena discrezionalità del datore di lavoro nell’instaurazione, nell’esecuzione e nella estinzione del rapporto di lavoro, sottoponendo i lavoratori a qualsiasi ricatto. In sostanza, legalizzazione del lavoro nero.
* * *
L’instaurazione del rapporto di lavoro, fino a qualche anno fa, doveva avvenire per legge esclusivamente tramite l’Ufficio di Collocamento in modo che l’imprenditore non scegliesse a suo piacimento i dipendenti. Scelta che avrebbe comportato la ricattabilità sul posto di lavoro e l’esclusione dall’assunzione in anticipo dei lavoratori conosciuti come sindacalizzati o perché semplicemente in precedenti rapporti avevano proposto “vertenza” contro il datore, una causa davanti al Giudice del Lavoro.
L’imprenditore doveva assumere i lavoratori avviati dal collocamento in base ad una graduatoria trasparente per soddisfare la sua esigenza di manodopera e ciò indipendentemente dalla personalità del lavoratore (sesso, razza, religione, appartenenza politica, sindacale, ecc.).
Con il pacchetto Treu del 1997 prima e con la legge Biagi del 2003 poi, il collocamento è stato abolito e l’imprenditore può assumere a sua discrezione e piacimento.
* * *
La retribuzione minima contrattuale, finora individuata in quella prevista dai singoli contratti collettivi nazionali, sarà abolita (riforma dell’art. 36 della Costituzione). Saranno altresì aboliti tutti gli istituti collaterali alla retribuzione. Quindi abolizione della gratifica e delle mensilità aggiuntive (13ma e 14ma), del T.F.R. (liquidazione), delle ferie e dei permessi retribuiti, l’astensione durante la gravidanza e la maternità, l’assicurazione previdenza e contro le malattie e gli infortuni, e tutte le altre indennità e garanzie.
La retribuzione sarà stabilita unicamente dal datore di lavoro e sarà onnicomprensiva. Con quanto percepito il lavoratore dovrà stipulare, se vorrà, contratti personali assicurativi per la pensione, la malattia, gli infortuni. Se vorrà metterà soldi da parte per pagarsi la sospensione feriale, i giorni non lavorati, i periodi di malattia, ecc.  Altrimenti non percepirà nulla in quanto l’unico effetto scaturente dal rapporto di lavoro, cioè, l’unico diritto che gli rimane, è la retribuzione mensile decisa dal datore.
Dal punto di vista giuridico, nessun lavoratore potrà più proporre una causa di lavoro per differenze retributive, in pratica nessuno potrà fare vertenza al padrone. La paga mensile corrisposta al lavoratore costituirà per il datore l’unico costo della manodopera (abolizione della differenza tra costo lordo e costo netto). Ciò faciliterà non solo i programmi dell’azienda sul costo del prodotto, ma anche la commerciabilità dell’azienda stessa. Nel frattempo di una esplicita abrogazione dell’art. 36 Cost. e della contrattazione collettiva, sono state già avviate delle riforme parziali in tal senso.
A partire dagli anni novanta, sono state varate delle norme che hanno permesso la riduzione della retribuzione minima e l’abolizione delle garanzie retributive e di stabilità.
Con accordi sindacali sulla “flessibilità salariale” viene, di fatto, creata una normativa secondo la quale i lavoratori possono essere retribuiti al di sotto dei minimi salariali. Ciò è avvenuto e avviene con la stipulata delle cosiddette “clausole aggiuntive” (il settore tessile è stato tra i primi ad esserne investito). Stesso risultato viene ottenuto con gli accordi sindacali provinciali, nonché con gli “accordi gradino” e “salari di ingresso” che prevedono la riduzione di un terzo dei minimi salariali.
Si pensi, ancora, ai contratti d’area, ai patti territoriali, ai lavoratori socialmente utili (legge “Bertinotti”), ai lavoratori coordinati ed, oggi, a progetto (legge Biagi) che prevedono una retribuzione inferiore ai minimi contrattuali.
Non va trascurato l’effetto sui salari dall’introduzione della moneta unica. Con l’avvento dell’euro nel 2002 il costo della vita è raddoppiato. Un prodotto che prima costava 10 mila lire è immediatamente passato a costare 10 euro e, cioè, 20 mila lire. Tale trasformazione, però, non è avvenuta con la retribuzione il cui cambio è stato adattato con precisione. Il salario di 2 milioni di lire non è stato quantificato in 2 mila euro ma in mille euro. In pratica, con l’avvento dell’euro è stato operato il dimezzamento degli stipendi.
* * *
La garanzia della stabilità del rapporto di lavoro è costituita dal fatto che al momento in cui viene stipulato un contratto di lavoro individuale, esso deve intendersi sempre a tempo indeterminato. Solo in rare eccezioni, comunque tassativamente previste dalla legge, sono previsti contratti a tempo determinato, come, per esempio, lavori stagionali, lavori per singoli spettacoli. Inoltre il posto di lavoro è garantito dalla sua costanza in quanto il datore non può licenziare il lavoratore se non per giusti e provati motivi in assenza dei quali il lavoratore ha diritto di ritornare al lavoro.
Tale garanzia di stabilità e costanza del posto di lavoro non esisterà più. Il datore di lavoro potrà stipulare senza nessun ostacolo contratti a tempo determinato (anche di un anno, di un mese o di una settimana alla volta). In tal senso è stato emanato il D. lgs. n. 368/01 prima e la L. 133/08 poi, che liberalizza il contratto a termine anche per l’attività ordinaria dell’impresa ed abolisce il divieto sancito dalla legge n. 230/62. Il contratto a termine, infatti, era vietato in quanto palesemente ricattatorio nei confronti del lavoratore. Già con la legge n. 56 del 1987, il divieto era stato attenuato poiché si dava possibilità ai sindacati tradizionali scelti dal datore di lavoro (CGIL, CISL e UIL) di derogare al divieto mediante la previsione nei contratti collettivi dell’apposizione del termine a tutti i settori e lavorazioni.
Al datore di lavoro verranno riconosciute maggiori ragioni e possibilità di soppressione del posto di lavoro anche prima della scadenza stessa del contratto a tempo indeterminato. Secondo la riforma del giurista Pietro Ichino, il datore di lavoro ha maggiori libertà di licenziamento e nel caso della sua ingiustizia il lavoratore non avrà più diritto di ritornare al posto di lavoro ma solo ad un minimo risarcimento danni, tra l’altro posto non a carico del datore di lavoro ma dello Stato, quindi sulla tassazione delle proprie retribuzioni.
In sostanza sarà ripristinato per tutti il licenziamento ad nutum. I continui attacchi all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori ne sono una dimostrazione. L’istituto della flessibilità – che è la causa della precarietà –  è stato introdotto in Italia in forma più esplicita già nel 1990 con la legge n. 428, la quale consente alle imprese di operare o licenziamenti liberamente e senza troppi problemi. L’art. 47 di tale legge risponde ad una logica di flessibilizzazione del rapporto di lavoro derogatoria rispetto alla disciplina contenuta dell’art. 2112 c.c.
Secondo l’art. 2112 c.c., quando un’azienda viene ceduta, il rapporto di lavoro continua ad i lavoratori non possono essere licenziati. In base alla legge 428, invece, le aziende che si dichiarano in crisi e cambiano solo il nome possono licenziare liberamente ed assumere nuovo personale a diverse condizioni, peggiorative, naturalmente. È quanto avvenuto con il caso Alitalia nel 2008, già sperimentato dalla Fiat Hitachi nel 1992.
Presso la Corte Europea di Lussemburgo esistono già ulteriori proposte volte a supportare l’anzidetta normativa ed affinché  le aziende abbiano la concreta possibilità di licenziare senza alcun problema.
* * *
Parimenti è stato abolito il divieto di riduzione dell’orario di lavoro, oggi il part time è stato liberalizzato con la legge Biagi, sottoponendo a ricatto i lavoratori che hanno necessità di conseguire il salario minimo.
Il livello di sfruttamento della manodopera, indicato come produttività, è stato aumentato grazie al D. lgs. n. 66/03 con il quale è stato abolito il limite massimo dell’orario di lavoro giornaliero.
In seguito alle giornate del Primo Maggio e dell’8 Marzo, la comunità internazionale del secolo scorso aveva dovuto accogliere l’istanza di fissazione del limite massimo del lavoro giornaliero in otto ore. Tale indicazione è stata recepita dall’ordinamento italiano del governo fascista con Regio Decreto L. n. 692/23. Con successivi interventi veniva limitato l’orario massimo del lavoro settimanale in 40 ore con divieto eccezionalmente derogabile del lavoro straordinario. La motivazione principale del limite dell’orario ad otto ore al giorno consisteva nel rimedio ai numerosi incidenti anche mortali sul lavoro spesso causati dalla stanchezza, dalla faticosità protratta e dalla mancanza di lucidità.
Ora, dal 2003, il limite stabilito da una legge fascista è stato abolito ed il lavoratore può essere costretto a svolgere un orario di lavoro ordinario di dodici ore al giorno se full time e di sedici ore al giorno se part time. Con l’accordo del 23 luglio 2007 è previsto di poter richiedere le sedici ore al giorno anche per i lavoratori full time.
Non è sganciata dall’orario di lavoro la questione dei ritmi e dei tempi di lavoro. In diversi convegni tenuti dalla Confindustria viene ribadito il concetto di retribuire solo il tempo effettivo di lavorazione, escludendo mini pause, anche di qualche minuto. Sempre secondo la Confindustria, deve essere preferito il lavoratore che impiega sempre minor tempo di lavorazione rispetto ad un altro lavoratore. Questa concorrenza tra lavoratori e aumento indeterminato dei ritmi di lavoro viene chiamata produttività che la Confindustria vuole inserire nei criteri di scelta dei licenziamenti collettivi ex legge 233/91 in maniera preminente ai carichi famigliari, anzianità e mansioni.


da "Lavoro: che fare?" di Giovanni De Francesco

domenica 12 dicembre 2010

Consigli di strategia anti-capitalista _ da una lettera di M. Albert


Una praticabile e desiderabile strategia per trascendere il capitalismo implicherà che ci si lasci il capitalismo alle spalle. Il capitalismo è spregevole.
Essa implicherà comunque anche che si arrivi a qualcosa di degno di essere sostituito al capitalismo. Ciò che dobbiamo conseguire deve essere desiderabile.
Lasciarsi alle spalle il capitalismo comporterà il sorgere in ogni paese di una volontà di lotta in un'ampia porzione della popolazione.
Conquistare qualcosa di degno da sostituire al capitalismo comporterà che l'ampia porzione di popolazione che vuole il cambiamento sia fatta da protagonisti attivi posti su un piano di uguaglianza, che definiscano i loro obiettivi e i loro metodi. Qualcosa di desiderabile non è può essere imposto dall'alto, ma creato dal basso.
Per creare sufficiente consenso intorno al progetto di dar vita ad una nuova economia occorreranno, pertanto, molte battaglie per avere migliori condizioni, migliori circostanze, più reddito e più potere decisionale per i più deboli.
Inoltre, tutte queste battaglie dovranno essere combattute in modi che condurranno ad ulteriori lotte per guadagnare ancora più terreno, piuttosto che in modi che presumano che il capitalismo durerà per sempre e facciano in modo che la gente si accontenti di qualcosa di meno che una rivoluzione come obiettivo finale.
In altre parole, ogni componente del nostro lavoro, secondo la sua logica e le sue implicazioni, dovrebbe portare verso i nostri obiettivi di lungo periodo. Non arriverete mai alla vostra destinazione se andate nella direzione sbagliata.
Oggi non abbiamo molto tempo, e io vorrei solo suggerire alcuni obiettivi di lungo periodo verso i quali intendo dirigermi, e alcune delle implicazioni che io penso quegli obiettivi avranno per la nostra attuale strategia.

Il primo obiettivo di cui voglio brevemente parlare è l'autogestione dei lavoratori e dei consumatori.
Al di là del capitalismo noi vogliamo un'economia nella quale i lavoratori e i consumatori, organizzati in consigli, o assemblee, determinino cosa deve essere prodotto, in quale maniera, per quali fini.
In più, vogliamo che ciò avvenga dando alle persone un potere decisionale in proporzione a come la decisione avrà effetto su di loro, piuttosto che subordinando molte persone a pochi. Evitare le gerarchie comporta l'ottenimento dell'autogestione.
Su ciò che ha su voi un impatto maggiore voi dovreste avere più potere decisionale. Su ciò che ha un impatto minore, un potere decisionale minore.
Il potere non è assente. Il potere, ovvero l'influenza sulle decisioni, è distribuito appropriatamente. Tutti diventiamo soci che cooperano in forma autogestita, nell'economia e nella società.
I nostri movimenti dovrebbero cercare con decisione di incorporare l'autogestione nelle loro operazioni, e certamente non dovrebbero celebrare vecchie e nuove forme di controllo dall'alto, per esempio.

Il secondo obiettivo di cui voglio parlare è un'equa remunerazione.
In una società post-capitalistica io non voglio che la gente guadagni un reddito in virtù del possesso dei mezzi di produzione. Nessun profitto, nessun produttore.
Ma io non voglio neanche che le persone guadagnino di più perché hanno migliori strumenti, o hanno talenti che sono più valutati in società.
Quando ci battiamo per più alti salari per i lavoratori, o per nuove tasse per la redistribuzione, o per altri guadagni legati al reddito, il nostro linguaggio dovrebbe sempre puntare agli obiettivi di lungo periodo -- il pagamento sia commisurato solo alla durata, all'intensità, e per l'onerosità del lavoro socialmente considerato.
Le campagne dei lavoratori dovrebbero cercare di cogliere l'obiettivo di breve periodo, ma dovrebbero anche costruire la consapevolezza e il desiderio della piena equità, senza limitarsi a compiere piccoli passi nella direzione giusta. i cambiamenti sono visti come parti di un progetto complessivo di raggiungimento di quel livello di piena equità.

Il terzo scopo di cui voglio parlare brevemente è l'assenza delle classi.
In una società capitalista io non voglio che tutti i miei sforzi e gli sforzi di altra gente ci portino ad una nuova economia che abbia di nuovo solo un diverso tipo di padroni.
Io voglio che non ci siano classi, il che significa che tutte le persone avranno condizioni di vita e di lavoro per cui nessun gruppo si eleverà sugli altri.
Naturalmente questo significa che dovremo opporci alla proprietà privata dei mezzi di produzione tipica dei capitalisti. Parte della strategia anti-capitalista -- una parte importante nel lasciarsi il capitalismo alle spalle -- riguarda la sfida dei diritti di proprietà e lo sviluppo di una consapevolezza e militanza contro la ricerca del profitto. Ma, non si tratta della fine delle classi.
Inoltre, queste sono faccende controverse, ma io credo che ci sia un'altra potenziale classe dirigente capace di dominare l'economia, al di sopra dei lavoratori. Io la chiamo la classe coordinatrice.
Questa ulteriore classe è fatta, nella nostra società corrente,di medici, avvocati, manager, ingegneri, ed altri il cui lavoro conferisce un grande potere e che hanno molta influenza sulle condizioni della classe operaia -- dei lavoratori che operano in mansioni ripetitive.
In verità, io penso che le economia che sono state storicamente chiamate socialiste non sono state prive di classi, purtroppo, ma hanno invece elevato questa classe allo status dirigenziale.
Dal momento che io non voglio le classi, ho bisogno di un approccio critico al capitalismo che non sfoci in un'economia retta solo dal 20% della popolazione, che monopolizzi il potere su posizioni e ruoli di lavoro.
In una nuova economia senza classi -- io ho in mente qualcosa chiamata economia partecipativa, o parecon -- penso che ogni lavoratore, ogni produttore, avrà un insieme di responsabilità relativamente uguali a quelle di chiunque altro.
Non ci saranno persone che fanno solo i lavoro che conferisce potere e quelle che svolgono mansioni ripetitive.
I compiti concettuali devono ovviamente essere svolti. Ma il chirurgo e l'ingegnere non fanno solo chirurgia e ingegneria. Svolgeranno un mix equilibrato di compiti -- come chiunque altro, compreso quelli che prima, nella vecchia divisione del lavoro, pulivano o lavoravano ad una catena di montaggio.
Ognuno in una società senza classi avrà la sua giusta quota di compiti decisionali e condizioni tali che ognuno possa partecipare all'autogestione.
In realtà, se non si fa così, allora solo un quinto della popolazione monopolizzerà tutta l'informazione, le abilità, la fiducia, e le posizioni per dirigere il processo decisionale.
Io chiamo la nuova divisione del lavoro nella quale ognuno di noi ha un posizione decisionale relativa dovuta al bilanciato mix di responsabilità e compiti "complessi di lavoro bilanciati." Essa fornisce una equa allocazione del lavoro e rende possibile l'autogestione.
Strategicamente questo significa prendere seriamente le condizioni e la cultura della classe operaia, conquistare continuamente migliori condizioni e più potere decisionale per i lavoratori, e soprattutto avere nei nostri movimenti complessi di lavoro bilanciato piuttosto che gerarchie che mimino quelle nell'attuale società. Niente di questo è facile. Ma, credo, è tutto essenziale.
Così le organizzazioni dei nostri movimenti non dovrebbero avere divisioni del lavoro vecchio stile. Né dovrebbero averle i nostri progetti. Essi dovrebbero tutti incorporare completamente e decisamente i complessi di lavoro bilanciato.
i nostri movimenti di sinistra più radicale mancano di seria partecipazione da parte della classe operaia. Questo è vero anche per molte altre parti del mondo. Questo è un ostacolo immenso ad un profondo cambiamento.
Quando i lavoratori prendono il controllo di una fabbrica, ad esempio, e cercano di implementare il controllo operaio, è molto importante che essi non cerchino subito di stabilire un reddito uguale per tutti, me che definiscano complessi bilanciati di lavoro.
Questo è il solo modo per impedire che il 20% della gente -- senza malevolenza ma solo per la loro posizione -- monopolizzino l'informazione e la conoscenza, e dopo dominino gli altri nel prendere decisioni per via dei loro vantaggi di posizione.
Senza i complessi bilanciati di lavoro come parte della nostra strategia, i passi in avanti nel controllo operaio saranno erosi e si imporrà un sistema coordinato.

Il quarto obiettivo di cui voglio parlare è:
Produzione per il soddisfacimento dei bisogni e lo sviluppo, non l'accumulazione.
In una società post-capitalistica noi non vogliamo avere mercati. I mercati sono incredibilmente distruttivi, non solo rispetto all'ambiente, ma anche rispetto alle persone. I mercati impediscono l'autogestione, impongono classi coordinatrici, e distorcono la formazione dei prezzi.
Vogliamo un nuovo tipo di pianificazione partecipativa da parte dei nostri lavoratori e consumatori.
Noi vogliamo consigli per negoziare cooperativamente fattori di produzione e merci con una conoscenza piena dei veri costi sociali e dei benefici di opzione, e con potere decisionale di autogestione per tutti gli operatori, Un veicolo per arrivare a questo, io credo, è ciò che io chiamo pianificazione partecipativa.
Noi non dovremmo celebrare od utilizzare la competizione di mercato senza grande prudenza, ammesso che vogliamo farlo.
Noi dovremmo cercare di sviluppare mezzi nei nostri movimenti e nella società perché tutti -- non solo i lavoratori e i consumatori -- negozino in maniera collettiva e cooperativa, piuttosto che ricevere imposizioni dall'alto o essere nella necessità di competere.

E riguardo all'ultimo tema, la politica, fatemi dire solo che presumibilmente noi siamo a favore dell'autogestione politica.
Noi sappiamo che una buona società futura avrà bisogno di fare leggi, implementare progetto condivisi, ed arbitrare dispute, tra le altre funzioni politiche.
Il punto è, se conquistiamo una politica partecipativa, noi non avremo eliminato il potere, avremo guadagnato una situazione in cui il potere -- cioè la capacità di influenzare le decisioni -- si identifica in una popolazione che si autogestisce.
Il potere non è scomparso, più propriamente è distribuito sull'intera popolazione.

Che dire sulla via da percorrere verso un futuro del genere?
Parte di ciò che facciamo quando proviamo a migliorare le condizioni è combattere con gli stati, o i governi.
Tutto ciò è reso problematico dai desideri per l'autogestione politica -- perché i governi sono tipicamente autoritari -- e partecipare ad essi, o anche solo spingerli, può comportare una influenza sproporzionata per un piccolo numero di persone -- ma io non escludo ciò, a priori, per una via ad un mondo migliore.
La questione non è evitare di interagire con il potere politico o economico, o di altro tipo. La questione è restituirlo, o meglio conquistarlo, a favore di una popolazione organizzata, attiva, consapevole.
Secondo il mio parere ciò implica non solo creare nuove istituzioni ma i certi casi dare battaglia alle vecchie, o anche cercare di cambiarle ed acquisire controllo di esse.
L'obiettivo è trasformare lo stato e la politica in ciò che noi desideriamo, in parte trasformandoli e in parte creando nuove istituzioni che sostituiranno le vecchie. O così dovrebbe essere.
Riassumendo: io penso che volere l'autogestione di lavoratori e consumatori, l'equità economica, l'assenza di classi, una distribuzione mirata al soddisfacimento di bisogni, ed un'autogestione politica antiautoritaria, insieme implicano per noi molte priorità strategiche, come la costruzione dei consigli, il sorgere dell'autogestione, l'implementazione dei complessi bilanciati di lavoro, evitare il coordinatorismo, opporsi ai mercati, e redistribuire il potere.
Ma un'altra responsabilità che abbiamo è che il cammino rivoluzionario, ha bisogno di diventare più chiaro, più ampio, e meglio frequentato, più efficacemente frequentato, e frequentato con più autocoscienza, da parte di tutti noi.

visite...

Website counter